Gemma

C’è un sentire che mi gira dentro da un po’, non so se è maturo per essere messo in parole, ma voglio essere fiore oggi, o ancor prima: gemma. Questo mio sentire ha a che fare con la natura e le sue stagioni: che poi sue non sono, ma sono nostre.
 
Sì perché primavera, estate, autunno e inverno li abbiamo nominati noi. La natura è natura e basta. Si manifesta. Quando l’energia è pronta un fiore sboccia, quando il tempo è maturo un frutto si ingrossa, quando è ora una foglia lascia il ramo e muore sulle radici che le davano sostentamento.
 
Ecco io questa natura la sento, la osservo. Vedo che muta, che diviene estrema, che noi ci riempiamo la bocca di frasi come “non esistono più le mezze stagioni” (ancora esistono, sì) mentre lei continua a sbocciare, fruttificare, esondare, inaridire, senza badare alle nostre definizioni.
 
I pomodori a fine ottobre erano solo pomodori. I grilli a novembre erano solo grilli. Normale o anormale lo giudichiamo noi. Lei è.
 
E metto lei al centro. E guardo noi. Non temo per lei, temo per noi. E una cosa che sento forte di questi cambiamenti è che se sempre più saranno estreme le stagioni, lo diverremo anche noi uomini.
 
Perché forse quelle mezze stagioni che crediamo non ci saranno più, piano piano si porteranno via anche i temperamenti di mezzo. I miti, le personalità primaverili e autunnali, quelle che accompagnano, introducono, gentilmente annunciano. Chi è di indole tiepida, di propensione fiore di maggio o foglia gialla di ottobre, chi è vento dolce, chi pomeriggio fresco con un accenno di freddo.
 
Sempre di più ci saranno caratteri forti, estremisti, da una parte o dall’altra che sia troppo o troppo poco, saremo forse caratterizzati dal “troppo”. Gelo o calda passione. Diluvio o siccità. Tutto o niente.
 
Questo sento, e un po’ lo temo.
Perché credo che quelle che noi abbiamo chiamato stagioni siano parte di noi, più che della natura.
E quindi anche le stagioni di mezzo, essendo sempre meno presenti e definite, ci influenzeranno nei modi.
Meno esempi naturali avremo, meno saremo naturalmente educati alla primavera e all’autunno.
 
E mi chiedo se i miei nipoti avranno nel loro vocabolario dell’anima queste due stagioni, oppure se mi diranno “Nonna, ma è vero che quando tu eri giovane esistevano la primavera e l’autunno?”
 
Ho un sentire così, una cosa che gira nella pancia e agli occhi di qualcuno può sembrare stupida, ma tant’è, dovevo esternarla: così gemma, così potenziale. Così confusa nella razionalità ma limpida nel cuore naturale.
Prendetene se vi serve, lasciate andare se non vi risuona.
 
Teniamocele dentro le stagioni di mezzo. Frequentiamole e pratichiamole. Accudiamo il temperamento della primavera e dell’autunno. Conserviamoli in un posto sicuro dell’anima e tracciamo nitidi i sentirei per arrivarvi. Prendiamoci cura dei fiori che hanno i petali e di quelli che hanno due occhi e una bocca. Impariamo gli alberi, la nebbia, le foglie cadute, i germogli.
 
“Sì bambini, è vero. Esistevano primavera e autunno. Se volete ve li racconto, perché li ho custoditi
attraverso gli occhi:
nel cuore.”
 
Gloria Momoli